Come più volte evidenziato sia nel mio libro “Lesioni degli edifici” (Ulrico Hoepli Editore, 2008) che in altri articoli presenti nel mio sito, uno dei problemi più importanti che affliggono la diagnostica dei quadri fessurativi riguarda il fenomeno della convergenza morfologica tra lesioni dovute a cause anche molto diverse tra loro.
Il problema sostanziale connesso con tali fessurazioni è insito, innanzitutto e nel caso specifico, nella causa civile promossa dal committente nei confronti del prefabbricatore, stante un’evidente perdita di immagine come facilmente rilevabile dalla fotografie; segue, poi, il problema della corretta interpretazione del fenomeno, considerato che lo stesso è stato inizialmente attribuito da altri tecnici a reazioni alcali-aggregati. Una tesi che può essere facilmente smontata allorquando sono noti i meccanismi che sorreggono l’attacco chimico noto come ASR (Alcali-Silica-Reaction).
LE REAZIONI ALCALI-AGGREGATO
Senza entrare eccessivamente nei dettagli occorre innanzitutto evidenziare che lo sviluppo delle reazioni alcali-aggregati rappresenta un aspetto delicato nella stabilità fisico-chimica nel tempo dei leganti idraulici basati sulla tecnologia del cemento, considerato che ad esse si accompagna una sorprendente quantità di lavoro meccanico; contestualmente è anche essenziale premettere che, contrariamente a quanto diffusamente ritenuto dai non addetti ai lavori, lo sviluppo delle reazioni ASR non dipende esclusivamente dalla presenza di aggregati reattivi, quanto dalla concomitante presenza di tre elementi mutualmente alimentanti:
- presenza di inerti reattivi (che perdono, pertanto, il significato di “inerte”);
- presenza di umidità;
- contenuto in alcali superiore a 3 kg/m3 di impasto.
Relativamente al primo punto è fondamentale che nel calcestruzzo siano presenti aggregati silicei criptocristallini amorfi quali l’opale, la tridimite, la cristobalite e il calcedonio che, in presenza di ambiente umido, tendono a reagire con il sodio e il potassio contenuti nella pasta cementizia producendo un silicato gelatinoso al quale è associato un aumento di volume e conseguente lavoro meccanico di disgregazione della massa inglobante.
Con riferimento, invece, all’ultimo punto occorre evidenziare che la produzione di cemento in Italia non è vincolata dalle norme ad alcun limite massimo del contenuto in alcali, contrariamente, ad esempio, alla Gran Bretagna che stabilisce per l’appunto un valore non superiore ai 3 kg/m3 di impasto espresso in termini di Na2O equivalente.
Figura 2. A sinistra: presenza di un inerte siliceo nel calcestruzzo dei pannelli di tamponatura; a destra: essudazione di silicato gelatinoso attribuibile a locali reazione alcali-aggregato.
Una volta stabiliti tali limiti, l’attribuzione di lesioni all’ASR non può dipendere solo dalla presenza di rari aggregati reattivi o di sporadiche essudazioni di gel siliceo (figura 2), ma deve tenere conto anche delle modalità di sviluppo di tali reazioni.
In effetti occorre considerare che gli ossidi alcalini (Na2O e K2O) sono in grado di combinarsi, nelle opportune condizioni al contorno specificate, con la silice amorfa o criptocristallina (SiO2) producendo silicati di sodio e/o di potassio che, attraverso processi osmotici, assorbono acqua assumendo una consistenza gelatinosa con effetti espansivi. Ovviamente, poiché tali reazioni dipendono da reazioni chimiche in presenza di umidità, risulta che le stesse tendono a comparire a distanza di anni dal confezionamento dell’elemento (nel caso in oggetto i pannelli prefabbricati) e non contestualmente al montaggio del capannone come specificato in premessa.
Non ultimo, le lesioni associate al fenomeno dell’ASR sono decisamente localizzate in quanto dipendenti dalla presenza dell’aggregato reattivo; in altre parole, non possono assumere una diffusa distribuzione random, come illustrato in figura 1, allorquando la presenza di inerti silicei risulta davvero sporadica.
Per tali motivi le reazioni alcali-aggregati sono considerate tipiche delle pavimentazioni industriali poiché, in caso di uso di inerti calcareo-silicei e di prolungata esposizione ad ambiente umido (come nel caso della risalita capillare), tendono a produrre distacchi localizzati nei pressi degli aggregati con conseguente espulsione di materiale noto come POP-OUT. Non ultimo, oltre ai rigonfiamenti e/o espulsione di materiale nei pressi dell’inerte reattivo, sono presenti anche evidenti aureole coassiali all’aggregato siliceo; tutti elementi non riscontrabili nel caso specifico, come dimostra anche la foto a sinistra della figura 2 nella quale l’inerte siliceo risulta in perfetto equilibrio chimico-fisico con la pasta inglobante.
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