IPOTESI DI LAVORO
Una volta definiti gli ambiti di sviluppo dell’ASR nella prima parte dell'articolo, e stante l’estraneità di tale fenomeno con il danneggiamento dei pannelli prefabbricati in oggetto, la corretta individuazione dell’agente responsabile della comparsa del quadro fessurativo ha richiesto una diversa ipotesi di lavoro da convalidare attraverso mirate analisi di laboratorio.
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Figura 3. Lesioni da ritiro termoigrometrico impedito (frecce blu) e da ritiro plastico (frecce rosse).
 
Analizzando a tal proposito la figura 3 si scopre che possono essere individuate lesioni riconducibili a due differenti geometrie e ad altrettanti agenti:
  1. lesioni da ritiro termoigrometrico non compensato, altresì note come lesioni da ritiro igroscopico o da contrazione ed indicate dalle frecce blu;
  2. lesioni o microfessure da ritiro plastico, imputabili ad errate procedure di stagionatura delle superfici dei pannelli ed indicate dalle frecce rosse.

L’attribuzione delle lesioni al primo caso è dovuto alla loro geometria all’incirca perfettamente rettilinea e verticale, a denotare lo sviluppo della contrazione termica, associata alle fasi di presa ed indurimento del calcestruzzo, lungo l’asse maggiore (orizzontale) dei pannelli prefabbricati come chiaramente percepibile dalla figura 1 di cui alla prima parte dell’articolo; nel secondo caso, invece, l’attribuzione al ritiro plastico dipende dalla distribuzione random e geometria irregolare.

ANALISI STRUMENTALI
Una volta delineato il quadro clinico di riferimento, il passo successivo è consistito nel prelievo di campioni successivamente analizzati dal Dipartimento di Ingegneria Chimica, Chimica Industriale e Scienza dei Materiali dell’Università di Pisa mediante spettroscopia EDX (Energy Dispersive X-ray analysis) su lesioni naturali e meccanicamente determinate (figura 4): una metodologia analitica strumentale, rappresentata da un microscopio elettronico a scansionetipo SEM-EDX, che sfrutta l'emissione di raggi Xgenerati da un fascio elettronicoaccelerato incidente sul campione. Nel contempo è anche importante evidenziare che i campioni hanno consentito di valutare gli spessori dei pannelli prefabbricati, costituiti da due lastre con interposto isolante in polistirolo.

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Figura 4. Prelievo di campioni nei punti di intersezione delle lesioni.


In linea del tutto generale, il principio di funzionamento prevede un emettitore costituito generalmente da un filamento di tungstenoportato oltre i 1000 °C per riscaldamento elettrico, fungendo in tal modo da sorgente di elettroni per effetto termoionico. A sua volta, il fascio elettronico in tal modo generato viene:

  1. accelerato da una differenza di potenziale di 0,3 ¸30 kV;
  2. deflesso attraverso un collimatore elettromagnetico in modo da generare la scansione;
  3. collimato verso il piatto contenente il campione in esame.

Dalle modalità di riflessione del fascio è possibile risalire alla composizione chimica della superficie scansita. Infine, per quanto concerne la metodologia da adottare in fase di analisi, sono state richieste scansioni EDX da eseguire sia sulle superfici di fratture presenti sui campioni che su superfici meccanicamente determinate al fine di ottenere un quadro di raffronto.

RISULTATI DELLE ANALISI
Campione 1
Il campione è stato prelevato all’interno del capannone, lungo una fessura inclinata e ad andamento irregolare. Sia sulla superficie di frattura esistente che su quella creata appositamente per via meccanica non sono state rilevate trasformazioni chimiche che possano spiegare la genesi della fessurazione, tanto che gli spettri manifestano un’elevata affinità. Sono stati rilevati elementi di dimensioni di alcuni milionesimi di metro attribuibili all’azione dell’acqua di transito e la cui natura chimica corrisponde a idrossido di calcio che rappresenta comunque un componente naturale dei calcestruzzi.
In tale campione è stata comunque rilevata la locale propagazione della frattura all’interno di un singolo inertetale da produrne la rottura risultando di fatto non attribuibile al ritiro plastico in quanto incapace di rompere gli inerti ma solo di determinare il loro scollamento dalla massa di cemento. In altre parole, tale apparente anomalia è attribuibile ad un effetto puramente termico (dilatazione del pannello per escursione termica soprattutto estiva) che nelle strutture in calcestruzzo ampie e sottili può produrne la rottura. Infine, da alcune micrografie scattate al campione sono emerse microfessurazioni derivanti da un fenomeno di ritiro plastico.
Campione 2
Il campione è stato prelevato all’interno del capannone, lungo una fessura inclinata e ad andamento irregolare. Nelle fasi preliminari alle analisi microscopiche sono state osservate bolle d’aria intrappolate nell’impasto, denotanti una macroporosità imputabile ad un rapporto acqua – cemento maggiore del dovuto; nel contempo sono state osservate anche microfratture attribuibili a fenomeni di ritiro, a loro volta condizionati da un eccesso di acqua. I risultati finali ricalcano lo stesso schema del campione precedente, in assenza di sostanze estranee alla composizione originaria del calcestruzzo.
Campione 3
Il campione è stato prelevato all’interno del capannone, nel punto di giunzione di tre fessure inclinate e ad andamento irregolare. Da un’ispezioni visiva del campione è risultata la presenza di una sostanza incrostantelocalizzata sulla faccia esterna, attribuitamediante analisi microscopiche a calcio, carbonato ed ossigeno. Si tratta in altre parole di materiale essudato dalla matrice di cemento e generato dalla percolazione di acqua infiltratasi, all’interno dei pannelli, per una non corretta apposizione delle scossaline e per difetti di montaggio delle finestre. Le analisi sulla superficie di frattura mostrano risultati analoghi ai campioni precedenti.
Campione 4
Il campione è stato prelevato all’interno del capannone, nel punto di giunzione di tre fessure ad andamento irregolare e delle quali una verticale e due inclinate. Le analisi sono in linea con i campioni precedenti. La formazione di una frattura nuova, ottenuta in laboratorio per confrontare le analisi eseguite sulle fratture originarie, hanno portato sia al distacco di parte degli inerti dalla massa di cemento inglobante e sia alla rottura di ulteriori clasti. Tale comportamento denota due differenti risposte meccaniche:
  1. il distacco dalla massa è imputabile ad un difetto originario, in quanto è dovuto ad una scarsa adesione tra la matrice in cemento e l’inerte; tale problema è tipicamente associato alle fratture pre-esistenti imputabili a fenomeni di ritiro plastico;
  2. la rottura di ulteriori inerti è associata all’azione meccanica di genesi della nuova frattura, denotanti come il fenomeno di ritiro plastico non sia diffuso su tutta la pasta di cemento quanto, piuttosto, costituisca un problema localizzato.

INTERPRETAZIONE DELLE ANALISI
Occorre innanzitutto precisare che il ritiro più volte citato nell’interpretazione delle analisi può essere definito come una diminuzione di volume associato all’evaporazione dell’acqua contenuta all’interno della massa di cemento in fase di presa e di indurimento. Nel caso di ritiro plastico tale fenomeno inizia generalmente entro le 6 ¸24 ore dalla fase di getto, mentre l’impasto di cemento è ancora plastico, conducendo alla genesi delle fessurazioni che aumentano in ampiezza durante l’intera fase di presa ed indurimento (della durata di diversi mesi) assumendo connotazioni di maggiore visibilità. Le fessure che in tal modo vengono a formarsi manifestano la tipica forma ad andamento casuale spesso a  ragnatela(figura 1 della prima parte dell’articolo), sovente interpretate, per un fenomeno di convergenza morfologica di tali lesioni, come dovute a reazioni alcali – aggregati.
Occorre in tal senso precisare, come premesso nella prima parte dell’articolo, che in quest’ultimo caso si assiste anche alla presenza di rigonfiamenti, e talora di espulsioni, nonché di aureole che contornano gli inerti reattivi, ovvero di tutti quegli elementi non riscontrati nel caso in questione. Nel contempo le reazioni alcali – aggregati richiedono anche la presenza di inerti reattivi, non riscontrati in nessuno dei campioni tranne un frammento privo di aureola di reazione comparso in un unico caso rappresentato in figura 2.
Al fine di fornire una corretta interpretazione delle deduzioni illustrate è possibile fare riferimento alle normative vigenti all’epoca della progettazione e costruzione del manufatto in questione ed in particolar modo al DM 9 gennaio 1996; quindi, al paragrafo 2.1.6 sono presentate le modalità per determinare l’entità del ritiro in fase di presa ed indurimento del calcestruzzo, richiedendo la determinazione di un coefficiente anecessario per calcolare il coefficiente di ritiro e.Applicando tali modalità al caso in oggetto (per i cui dettagli si rimanda al testo “Lesioni degli edifici”) risulta

  1. alfat= 22.74 cm2
  2. alfal= 21.12 cm2

relativi ai pannelli di testata del capannone (con dimensioni di 940 ´300 centimetri) ed a quelli laterali (800 ´300 centimetri), ai quali corrispondono due diversi valori di deformazione:

  1. epson(75)= 0.250 ´10-3
  2. epson(55)= 0.445 ´10-3

rispettivamente validi per umidità relativa del 75% e del 55%.
Infine, applicando i coefficienti ealla lunghezza dei pannelli (9400 ed 8000 millimetri) si ottengono valori del ritiro degli stessi variabili da 2.4 a 4.2 millimetri per i pannelli di testata e da 2 a 3.6 millimetri per quelli laterali.
Il problema, a questo punto, dipende:

  1. dal bloccaggio dei pannelli alla struttura portante, mediante ancoraggi metallici (Halfen, profilati e bulloni zincati), tanto da limitarne la variazioni dimensionali indotte dal ritiro;
  2. dalla data di confezionamento dei pannelli, corrispondente all’estate del 2005 considerata tra le più siccitose degli ultimi 150 anni.

In altre parole, è presumibile che i valori di ritiro calcolati secondo la norma possano essere sottostimati tanto da aver prodotto la microfessurazione diffusa presente, praticamente, su tutti i pannelli; ossia, le condizioni termiche presenti durante la fase di getto e stagionatura dei pannelli possono essere state tali da aver richiesto un rapporto Acqua/Cemento superiore al normale (esempio campione 2) e/o aver causato un’accelerazione del fenomeno.
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Per maggiori informazioni si rimanda a "Lesioni degli edifici"

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