altCon l’entrata in vigore delle NTC 2008, condensate nel DM 14.01.2008 e successiva Circolare Esplicativa n. 617/2009, sono stati suddivisi i ruoli, ma non le competenze, tra chi deve costruire il modello geologico e chi, sullo stesso, deve poi modellare il profilo geotecnico. È evidente che una siffatta, e netta, distinzione ha di fatto introdotto numerose problematiche stante la già difficile possibilità di svolgere un adeguato piano di indagini che con le nuove normative rischia, addirittura, di essere raddoppiato.
In effetti, il problema, al quale si sta cercando di trovare una soluzione nell’attuale fase di aggiornamento delle norme tecniche sulle costruzioni, discende dalla necessità di svolgere indagini sui terreni da parte sia del geologo che del progettista senza che nel contempo sia possibile combinare l’uso congiunto con il difficile compito di ottimizzare il rapporto costi/benefici.
In pratica, se il geologo ha necessità di investigare il sottosuolo, per costruire il modello geologico da fornire al progettista, e quest’ultimo ha la necessità di conoscere a priori le informazioni sulla stratigrafia di un sito per determinare ad esempio quanti campioni prelevare e a quali profondità, sarà mai possibile coniugare entrambi le necessità in un’unica campagna di indagini?


La risposta è si, ma debitamente condizionata.
Già nel mio libro “Geotecnica” (edito Flaccovio, Palermo – 2010), ho delineato una possibile soluzione fondata sulla profusione della geofisica stante gli enormi sviluppi di tale scienza negli ultimi decenni.

 

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Quindi, con riferimento alla figura in alto (estratta dal citato libro) ho indicato tale strada secondo un‘ottica dualistica considerato che, energizzando ad esempio la sismica a rifrazione con onde di taglio, è possibile sia ricostruire la stratigrafia di un sito che il relativo profilo di velocità giungendo, infine, anche alla determinazione della ben nota VS,30.
È importante evidenziare, in tal senso, che utilizzando la terminologia propria della geofisica, la risposta di una siffatta prospezione conduce alla costruzione della sismostratigrafica la quale può, però, essere ricondotta alla stratigrafia solo attraverso una corretta analisi geomorfologica dell’area investigata.
E qui entra in gioco la soluzione condizionata, poiché la Geomorfologia “ha per fine lo studio e l’interpretazione del rilievo terrestre”; in altre parole, utilizzando le relazioni tra forme, depositi e processi nonché il loro sviluppo nel’ambito dei sistemi morfoclimatici, è possibile analizzare l’evoluzione del rilievo terrestre quale prodotto dell’azione combinata tra gli agenti endogeni e quelli esogeni. In pratica, è possibile costruire un modello geologico di un sito con un’approssimazione che dipende dalle singole capacità e dall’uso congiunto con la sismica a rifrazione.

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A titolo di esempio si osservi, ora, la figura la figura in alto nella quale è sintetizzata una carta geomorfologica ed una foto panoramica dell’area rilevata con sovrapposti i principali agenti morfogenetici; la stessa dimostra che il grande vantaggio di operare partendo da adeguati studi geomorfologici consiste nel poter ipotizzare un modello geologico anche su basi morfometriche, giungendo nel caso specifico a stimare spessori massimi di una frana da consolidare prossimi ai 25 metri. Spessori che i successivi sondaggi hanno confermato essere di circa 24 metri con un’elevata attendibilità.

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Tale metodologia di lavoro ha poi consentito l’esecuzione di indagini geognostiche davvero mirate conducendo alla costruzione del modello ad elementi finiti (foto in alto) che ha guidato l’intero iter progettuale fino al monitoraggio in fase di esecuzione dei lavori.
A riprova della validità del giusto connubio tra analisi geomorfologica ed indagini geofisiche vorrei brevemente introdurre una recente consulenza professionale svolta insieme all’Ing. Ruggeri Luigi di Mentana (RM) (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) e relativa alla costruzione di una serie di case a schiera adagiate su un pendio ad acclività medio-bassa.
Quindi, utilizzando come riferimento la successiva carta geomorfologica, dagli studi di superficie è emersa la presenza di terreni colluviali di modesto spessore ma in parte interessati dalla presenza di un corpo di frana traslazionale evolutasi in colamento e attualmente quiescente. In altre parole è risultato che buona parte delle case a schiera sarebbero state fondate su terreni in frana.

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Notare che la suddetta cartografia tematica è stata completata anche da una foto panoramica del sito con sovrapposti i principali elementi geomorfologici, al fine di migliorarne la lettura anche da parte dei non addetti ai lavori.
Il passo successivo è consistito proprio nell’esecuzione di una prospezione tipo “sismica a rifrazione” con lo scopo di mappare la geometria del sottosuolo in generale e del corpo di frana in particolare.
In fase d’interpretazione dei dati acquisiti, con uno stendimento a 24 canali, sono emersi alcuni problemi di carattere stratigrafico legati alla particolare evoluzione geologica dell’area il cui substrato roccioso è costituito dalla Formazione delle Argille del Vaticano (Pliocene) la quale risulta essere costituita da limi e argille, di origine emipelagica, con sottili intercalazioni siltitiche ed arenacee (tempestiti), blandamente tiltata tettonicamente. Al di sopra di essa, lungo una superficie di contatto inclinata rispetto alla superficie topografica, è stata poi riscontrata la presenza di terreni vulcanoclastici del Pleistocene medio a loro volta sepolti da terreni colluviali localmente in frana.

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In ogni caso, l’interpretazione della prospezione, svolta dal geologo Giorgio Di Bartolomeo (consigliere dell’Ordine Nazionale dei Geologi – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) ha condotto alla sezione geologica preliminare visibile nella figura in alto, tenuto conto di tutte le informazioni geologiche, geomorfologiche e morfometriche emerse in fase di rilevamento dell’area.
Una volta definito il modello geologico, e visti i modesti spessori in gioco, è stato concordato con il progettista un piano di indagini costituito dallo scavo di sole trincee esplorative alcune delle quali esterne rispetto all’area occupata dalle future fondazioni; in questo modo, una volta tarata la sezione geologica, tali indagini sono state completate da ulteriori trincee scavate all’interno dell’area fino al raggiungimento della profondità corrispondente al piano delle fondazioni con lo scopo di prelevare campioni indisturbati per il laboratorio geotecnico.

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In definitiva, confrontando la sezione geologica in alto con la successiva sezione stratigrafica risulta che le tra gli spessori iniziali, stimati su basi morfometriche che hanno anche guidato l’interpretazione della prospezione sismica, e quelli finali, stimati nelle trincee esplorative, è emerso un’attendibilità prossima al 90%; nel contempo i costi delle indagini sono risultati essere i seguenti:

  • prospezione sismica: 550,00 €
  • trincee esplorative: a carico dell’impresa costruttrice e proprietaria dell’intervento;
  • prove di laboratorio: 300,00 €.

Senza dimenticare che dalla prospezione sismica è stato possibile ricostruire anche il profilo di velocità del sottosuolo.
Infine, con le informazioni in suo possesso, l’Ing. Ruggeri ha potuto calibrare la progettazione geotecnica e strutturale delle fondazioni consistenti in monopali di lunghezza variabile in funzione degli spessori del terreno in frana e della lunghezza delle barre di acciaio, limitando al massimo lo sfrido del materiale.
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Commenti   
+2 #1 RE: Il ruolo della geomorfologia e della sismica a rifrazione nella costruzione del modello geologicoGiovanni Amenta 2011-11-09 19:37
Grazie come sempre del tuo continuo esser presente.
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+3 #2 RE: Il ruolo della geomorfologia e della sismica a rifrazione nella costruzione del modello geologicoRomolo 2011-11-11 16:53
Ciao Giovanni, mi fa piacere che apprezzi i miei articoli.
Nel caso specifico ho voluto evidenziare il ruolo che dovremmo realmente ricoprire facendo leva su quello che è veramente il nostro bagaglio culturale e la nostra estrazione professionale.
purtroppo, presi come siamo dal rivendicare (e difendere) le competenze in geotecnica, dimentichiamo che il nostro primo compito è analizzare il territorio.
mi capita sempre più spesso di vedere geologi che partono con le indagini (sondaggi ed affini) senza prima aver debitamente studiato la struttura geologica e geomorfologica del sito.
è veramente un peccato, perchè così facendo diamo un pessimo segnale ed un'altrettanta pessima immagine di noi.
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+1 #3 RE: Il ruolo della geomorfologia e della sismica a rifrazione nella costruzione del modello geologicoGiovanni Amenta 2011-11-12 14:19
Ciao Romolo,
come non apprezzare i tuoi articoli che stimolano continuamente la nostra professione. Non è mica poco il tuo contributo. E ancora in questo complimento andrebbero aggiunti i tuoi libri, ancora più belli. Tale contributo aiuta non solo te, ma anche tutti a crescere.
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+1 #4 RE: Il ruolo della geomorfologia e della sismica a rifrazione nella costruzione del modello geologicoGiovanni Amenta 2011-11-12 14:19
Per ciò che concerne il mondo geologico e geotecnico, penso che hai pienamente ragione circa l'effettiva importanza della giusta costruzione di un modello geologico. Il motivo ancestrale del nostro lavoro è la conoscenza della Terra alla Darwin. Il modello geotecnico anche se importantissimo per il fine di un incarico professionale, sicuramente è subordinato a quello geologico, in quanto ne rappresenta la diretta espressione conseguenziale.
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+1 #5 RE: Il ruolo della geomorfologia e della sismica a rifrazione nella costruzione del modello geologicoGiovanni Amenta 2011-11-12 14:20
Ossia noi valutiamo una "terra" se è normal consolidata o meno non solo per i parametri da associare ad essa, ma soprattutto se risponde ad una geologia di supporto per l'interpretazio ne del deposito studiato; ha subito erosione, costipamento o cosa? Geologia e Geotecnica sono un pò come Nome e Cognome, ossia Identità e Appartenenza.
Giovanni.
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