altNel precedente articolo dedicato alla combinazione tra geomorfologia e sismica a rifrazione (Il ruolo della geomorfologia e della sismica a rifrazione nella costruzione del modello geologico) ho illustrato i vantaggi derivanti da tali branche/metodologie nello studio del territorio prima ancora di ricorrere alle indagini geognostiche e geotecniche. Anzi, rappresentano una valida guida nella corretta progettazione delle stesse. Nel caso delle frane, poi, costituiscono un imprescindibile elemento di studio. A tal proposito, lo studio della geometria e della meccanica delle frane rappresenta uno degli aspetti cruciali della Geologia e della Geotecnica, considerato che nella loro definizione entrano in gioco numerosi parametri tra i quali i principali sono:

  • il comportamento meccanico di tutti i litotipi coinvolti
  • la posizione della superficie piezometrica
  • le dimensioni in termini di lunghezza e variazione degli spessori
  • l’effetto marcatamente tridimensionale, con le massime sollecitazioni agenti nella sezione mediana
  • la tipologia della frana

Ragionando da tale punto di vista, e tenendo ben presenti le metodologie sperimentali di laboratorio (Geotecnica, Flacccovio – 2010), una frana può essere pensata come una prova di taglio diretto a scala reale che conduce i terreni a mobilitare la propria resistenza residua; in questo modo, una volta noti gli elementi salienti che le caratterizzano è possibile sfruttare i principi delle analisi di stabilità basate sul metodo dell’equilibrio limite per derivarne i parametri di resistenza residua.
Prima di illustrare i vantaggi del metodo può essere utile ricordare che le analisi condotte con l’applicazione dell’equilibrio limite considerano i terreni in frana indipendentemente dal loro comportamento interno, inteso in termini tensionali e cinematici, per concentrare il calcolo solo sui fenomeni agenti lungo la superficie di rottura; in altre parole, i terreni sono idealizzati come corpi rigidi tipicamente suddivisi in conci andando a verificare le forze mobilizzanti e quelli resistenti agenti alla loro base.
La metodologia di studio prevede allora, quale punto di partenza, una corretta indagine geomorfologica, idrogeologica e morfometrica con lo scopo di:

  • cartografare le dimensioni della frana in studio;
  • analizzarne il comportamento (esempio frana di colamento, rototraslazionale o complessa);
  • definire i possibili spessori;
  • definire la posizione ed eventuale continuità laterale della falda;
  • definire l’influenza dell’idrodinamica delle acque sotterranee nei confronti della meccanica della frana.

Quindi, una volta noti tali elementi, segue l’esecuzione di uno o più stendimenti di sismica a rifrazione con lo scopo di ricostruirne la geometria; infine, combinando tutti gli elementi noti, è possibile definire il modello geologico della frana quale nuovo punto di partenza per tutte le procedure successive tra le quali è compresa la progettazione della campagna di indagini dirette volte a confermare il modello stesso ed a prelevare i campioni indisturbati da sottoporre alle analisi di laboratorio.
 

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Per utilizzare il metodo si faccia riferimento alla figura in alto che rappresenta la sintesi degli studi condotti su una frana che ha coinvolto terreni alluvionali antichi, di natura limoso-sabbiosa,  e terreni alluvionali recenti di natura sabbioso-limosa. È utile evidenziare che la frana è impostata esclusivamente all’interno dei depositi continentali senza nel contempo aver intaccato il sottostante substrato roccioso. L’applicazione della back-analysis richiede che siano noti:

  • la posizione della falda, dalla quale discende il valore delle pressioni interstiziali che influenzano notevolmente il calcolo tipicamente basato sul criterio di snervamento di Mohr-Coulomb a sua volta fondato sul principio delle tensioni efficaci;
  • la coesione efficace, nulla nelle condizioni di rottura residua;
  • il peso di volume del terreno che può essere determinando speditivamente in sito (ad esempio tramite il volumometro in sabbia) oppure può essere parametrizzato in funzione del coefficiente di sicurezza.

In sintesi, è fondamentale che il software di calcolo possa far variare automaticamente il peso di volume ricavando, con una retro-analisi (Back Analysis, imponendo un coefficiente di sicurezza unitario al quale corrisponde la rottura), i valori dell’angolo di resistenza al taglio residuo medio agente lungo l’intera superficie di rottura e scivolamento. In alternativa è possibile eseguire più analisi variando manualmente il peso di volume. Una volta definita la retta di variazione dell’angolo di resistenza al taglio con il peso di volume si stabilisce quale può essere il più probabile valore del parametro di resistenza a rottura.
Nel caso della figura è stato determinato un valore di f’ = 27°, perfettamente compatibile con la natura granulometrica dei terreni alluvionali tanto da essere stato utilizzato nella progettazione dell’intervento di consolidamento e relativa contabilizzazione economica dei lavori.
Nel caso specifico lo studio è stato condotto poiché la frana sarebbe stata attraversata da una nuova strada provinciale in costruzione e la sua presenza non era stata precedentemente individuata. Di conseguenza, al fine di non rallentare i lavori in corso, la perizia di variante è stata affidata esclusivamente alla metodologia illustrata la quale richiede, comunque, una buona conoscenza della meccanica dei terreni.

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Nel caso successivo (figura in alto) è invece rappresentata una frana che ha mobilizzato una coltre colluviale costituita da limi ed argille senza aver coinvolto il sottostante substrato roccioso. Anche in questo caso, lo studio è stato condotto per sanare una strada in continua deformazione che, come si può evincere dalla figura, è ubicata proprio sulla testata della frana ovvero nella zona interessata da sforzi di trazione in contrapposizione al piede laddove prevalgono, invece, gli sforzi di compressione.
Applicando la medesima metodologia è emerso un valore di f’ = 26° che ha indotto a successivi approfondimenti mediante l’esecuzione di sondaggi, il prelievo e conseguente analisi di campioni in laboratorio nonché l’installazione di piezometri. È utile evidenziare che il numero e la posizione di ognuno di ognuno dei sondaggi e dei campioni prelevati sono stati opportunamente calibrati essendo nota la geometria della frana; in particolare;

  • sono stati perforati solo 3 sondaggi;
  • sono stati prelevati 3 campioni;
  • sono stati installati 3 piezometri;
  • sono state eseguite prove di taglio residuo e prove fisiche tra le quali la determinazione del peso di volume.

I risultati finali hanno evidenziato un angolo di resistenza al taglio residuo f’ = 25.6° che dimostra la validità della metodologia di studio.
Infine, l’ultimo caso (figura in basso) è relativo ad una frana impostata esclusivamente sul substrato roccioso costituito da marne, ovvero da argille sovraconsolidate e fessurate del Pliocene.

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Notare che il valore ottenuto dalla back-analysis è stato f’ = 13°, mentre le prove di laboratorio hanno sistematicamente fornito un valore f’ = 12°.
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