PARTE IV.
La fine del diciannovesimo secolo fu caratterizzata da una spettacolare, quanto contrastante, evoluzione della tecnica costruttiva che vide – nell’ultimo decennio – lo scontro titanico tra le strutture in acciaio, oramai collaudate, quelle in calcestruzzo armato, in fase di imposizione, e le murature portanti in netta decadenza; e il luogo nevralgico di tale scontro fu Chicago con il completamento, nel 1891, del Monadnock Building con una struttura in muratura portante imponente e nel contempo sofisticata (figura 1).
Figura 1: viste panoramiche del Monadnock Building
L’edificio, progettato dallo studio Burnham & Root, era lungo e stretto in relazione alla necessità di dover edificare in un’area compresa tra due strade pubbliche; quindi, stante il costo oramai spropositato degli ultimi lotti edificabili, fu pensato alto ben 16 piani influenzando, in tal modo, le scelte progettuali americane che condussero alla successiva costruzione dei moderni grattacieli.La stabilità strutturale dell’opera, sottoposta alla tipica deflessione flessionale indotta dal vento, fu garantita dall’introduzione di setti di controvento capaci di aumentare la rigidezza dello scatolare senza nel contempo renderlo massiccio e sgraziato; i muri perimetrali possedevano uno spessore di 1,8 metri alla base, rastremati verso l’alto e ingentiliti da grandi vetrate, mentre la fondazione - dovendo trasmettere un peso di 50.000 tonnellate - dovette essere estesa tre metri oltre i confini del lotto al di sotto delle strade circostanti.Ma, mentre i proprietari iniziarono a pensare all’ampliamento dell’edificio, Root – considerato il vero artefice della struttura – morì durante la sua costruzione all’età di 41 anni inducendo il socio a rifiutare l’incarico poiché impegnato anche nella realizzazione del World’s Columbian Exposition. Probabilmente Burnham non fu all’altezza della situazione.
Il nuovo incarico fu affidato allo studio Holabird & Roche i quali optarono per una struttura intelaiata in acciaio nella quale le forze orizzontali esercitate dal vento furono assorbite da elementi diagonali e connessioni momento-resistenti (incastri), mentre le murature furono relegate al ruolo di involucro ovvero ad un uso che ben presto sarebbe divenuto di prassi nell’edilizia del ventesimo secolo; inoltre, modificarono lievemente anche l’estetica dell’edificio creando uno stacco storico basato sull’integrazione dell’architettura classica con i nuovi principi costruttivi (figura 2).
Figura 2: disegni originari del Monadnock Buinding.
In pratica, il Monadnock Building rappresentò una vera e propria frontiera nell’evoluzione tecnica dell’edilizia con due strutture affiancate che segnarono il passaggio dalle murature portanti verso i moderni telai e che influenzò non poco anche l’evoluzione dell’architettura; in realtà fu lo sciopero dei muratori di Chicago ad influenzare le scelte progettuali dimostrando, ancora una volta, che l’evoluzione tecnica nell’edilizia non è dipesa soltanto dai progressi tecnologici quanto, piuttosto, da fattori sociali ed economici. D’altra parte, quando alla fine degli anni ’60 del ventesimo secolo fu progettato il grattacielo del Colombia Broadcasting System di New York (figura 3), uno dei più grandi network americani, la scelta ricadde su un antieconomico telaio in calcestruzzo armato per il semplice motivo che la maggior parte della mano d’opera specializzata nell’acciaio era impegnata nella realizzazione del World Trade Center.
Figura 3: il grattacielo del Colombia Broadcasting System con telaio in calcestruzzo armato.
In questo modo, in relazione all’evoluzione parallela delle costruzioni in acciaio e in calcestruzzo armato ed all’oramai quasi collaudata teoria dell’Elasticità, l’Ottocento vide gli studi teorici rivolti all’analisi del comportamento in campo plastico di tali materiali che condusse alla fondazione di due differenti scuole di pensiero: i plasticisti dell’acciaio ed i plasticisti del calcestruzzo, con risultati contrastanti e nel contempo collimanti.
Per comprendere appieno i risultati di tali studi si consideri un semplice esperimento condotto su un cilindro in acciaio sottoposto dapprima a differenti stati di sforzo idrostatico (o isotropo o uniforme su tutte le facce) crescente e poi ad uno sforzo deviatorico ottenuto incrementando la sola componente verticale in presenza di quella radiale costante (figura 4).
Figura 4: il criterio di snervamento di Tresca per gli acciai.
In questo modo (non necessariamente corrispondente agli esperimenti originari) Tresca nel 1864 scoprì che l’inizio della plasticizzazione nell’acciaio era correlabile alle sole tensioni tangenziali risultando, di fatto, indipendente dallo sforzo isotropo iniziale e dal percorso tensionale e cinematico seguito. Un comportamento meccanico confermato a livello atomico solo nel 1941, allorquando vennero scoperte le dislocazioni nei metalli ed il loro ruolo nei confronti delle deformazioni plastiche riconducibili a distorsioni interne dell’acciaio in funzione delle sole tensioni tangenziali.
In termini matematici Tresca espresse i propri risultati nel seguente modo:
essendo sigmav, sigmar e sigmay rispettivamente la tensione verticale, quella radiale e la tensione deviatorica ovvero la massima tensione tangenziale.
Ripetendo il medesimo esperimento su cilindri in calcestruzzo Mohr, nel 1900, scoprì invece un comportamento del tutto opposto, con la resistenza a taglio del materiale che dipendeva da un valore minimo (c) – per una sollecitazione a compressione nulla – e che incrementava in maniera linearmente crescente con il livello tensionale isotropo (figura 5).
Figura 5: il criterio di snervamento di Mohr-Coulomb per i calcestruzzi.
Matematicamente Mohr ottenne la seguente relazione:
nella quale compaiono la coesione (dovuta alla cementazione), quale resistenza al taglio minima, e l’angolo di attrito che incrementa quest’ultima all’aumentare della tensione isotropa applicata.
Ma ciò che rese davvero fondamentali i due criteri di snervamento pervenne dalla degenerazione dell’equazione (2) all’equazione (1) in caso di attrito nullo (f= 0) ovvero al passaggio dai risultati di Mohr a quelli di Tresca: un principio che, se apparve del tutto inutile nella meccanica dei materiali da costruzione, è successivamente risultato fondamentale per lo sviluppo della moderna geotecnica.
Concludendo, e rimandando all’ultima parte dell’articolo per maggiori dettagli, è comunque essenziale comprendere che tale degenerazione è dettata da una relazione di carattere esclusivamente matematico e non meccanico, poiché il comportamento dei due materiali, l’acciaio e il calcestruzzo, continuano ad essere governati da meccanismi completamente differenti tra loro: scorrimenti plastici nell’acciaio e deformazione conforme al solido di Poisson nel calcestruzzo (contrazione verticale con dilatazione radiale).