altPARTE V.

Con la fine del diciannovesimo secolo, e le scoperte di Tresca e Mohr sulle modalità di plasticizzazione dell’acciaio e del calcestruzzo, l’evoluzione in campo edile può essere considerata praticamente conclusa salvo, nei decenni successivi, raggiungere elevati livelli di sviluppo sia in campo applicativo che teorico che condussero ad una definizione compiuta della Meccanica del Continuo sulla quale nacquero e si svilupparono la Scienza e la Tecnica delle Costruzioni.


Traslando tutte le informazioni acquisite fino ad allora allo studio del comportamento meccanico dei terreni, divenuto nel frattempo la nuova frontiera della ricerca scientifica, si scopre che nei primi decenni del novecento la trattazione teorica dello stesso era basata sulla struttura filosofica della Meccanica del Continuo; in questo modo l’analisi del comportamento elastoplastico delle terre era sostanzialmente ricondotto a quello dei materiali da costruzione senza distinzione alcuna rispetto alla natura realmente particellare dei geomateriali.
La svolta definitiva si verificò solo nel 1923, allorquando Karl Terzaghi introdusse il principio delle tensioni efficaci assimilando, di fatto, i terreni a sistemi bifase costituiti da uno scheletro solido saturo d’acqua, ovvero da due mezzi continui che agiscono in parallelo spartendosi gli stati tensionali (anche se nel caso generale risultano essere costituiti da tre mezzi continui - figura 1).

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Figura 1: schematizzazione del terreno in tre mezzi continui

In termini matematici tale principio può essere espresso come segue:

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con sigmaij che rappresenta il tensore delle tensioni totali esercitate dallo scheletro solido, uo la pressione idrostatica esercitata dalla fase fluida e deltaij il delta di Kronecker.
Se l’equazione (3) rappresenta il caso generale, si dimostra che in presenza di simmetrie geometriche con un sottosuolo delimitato superiormente da una superficie topografica orizzontale ed infinitamente estesa in tale direzione (per i cui dettagli si rimanda ad “Analisi di fondazioni superficiali e pali”) la stessa si riduce a:

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con: sigma’v che rappresenta la tensione verticale efficace; gammat il peso di volume del terreno; z la profondità di calcolo della tensione a partire dalla superficie limite superiore; gammaw il peso di volume dell’acqua e zwl’altezza del battente idraulico rispetto al punto di calcolo.
Analizzando da un punto di vista pratico l’equazione (3) si scopre che in sostanza il comportamento meccanico delle terre è governato dal principio delle tensioni efficaci poiché, introducendo l’equazione (4) nella (2) si ottiene:

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In altre parole risulta nulla l’azione della fase fluida nei confronti della rottura a taglio dei terreni, come d’altronde è logico attendersi per qualsiasi fluido, conducendo alla sua definizione di pressione neutra - ad opera di Rendulic nel 1937 - ed oggigiorno ridefinita come pressione interstiziale alla luce della generalizzazione dell’equazione (1).

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Figura 2: sovrappressioni intestiziali generate da una fondazione (a) e relativi vettori cedimento (b)

Un’ulteriore svolta nella Meccanica delle Terre si ebbe poi nel 1936 con l’introduzione, sempre da parte di K. Terzaghi, della teoria della consolidazione secondo la quale l’applicazione di un carico ad un terreno (come nel caso di una fondazione, figura 2) conduce ad una risposta di tipo fluidomeccanica con la generazione di una sovrappressione dell’acqua contenuta nei pori ed una distribuzione delle tensioni ad entrambi i mezzi continui, lo scheletro solido e la fase fluida, seppur differenziata rispetto al tempo. Matematicamente si ha:

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essendo cvil coefficiente di consolidazione derivato sperimentalmente dalle prove edometriche, ed u la sovrappressione interstiziale generata dal carico che si somma a quella iniziale uagente in sito.
Per una corretta comprensione dell’equazione (6) occorre innanzitutto considerare che i terreni sono assimilabili a sistemi idraulici il cui comportamento nei confronti dei carichi applicati è influenzato dal coefficiente di permeabilità; inoltre che sia lo scheletro solido che la fase fluida sono incompressibili. In tal modo è possibile differenziare la risposta delle sabbie da quella delle argille conducendo ad una rapida dissipazione delle sovrappressioni nel primo caso (sincrona con il tempo di costruzione e di entrata in esercizio della fondazione), per effetto di un rapido drenaggio dell’acqua dalla zona di carico, e ad una risposta tempo-dipendente nel secondo caso.
In sostanza, nelle argille l’applicazione di un carico è inizialmente contrastata dalla bassissima permeabilità di tali terre che conduce alla generazione della sovrappressione; segue l’instaurarsi di un lento moto di filtrazione in condizioni transitorie volto alla dissipazione di tale sovrappressione e al raggiungimento di condizioni stazionarie finali corrispondenti a quelli iniziali uo. Nel contempo, se nelle sabbie si assiste allo sviluppo di cedimenti elastoplastici in relazione ad una dissipazione immediata di u, nelle argille gli stessi assumono un comportamento di tipo elasticoviscoplastico, ossia i cedimenti sono dati da un’aliquota immediata e da un’aliquota funzione del moto filtratorio ovvero dal tempo.
Senza dimenticare che in quest’ultimo caso risulta violata l’equazione (3), ovvero la (4), tale da non rendere più applicabile il criterio di rottura di Mohr-Columb, dato dall’equazione (5), nonostante le evidenze sperimentali lo rendano idoneo all’analisi del comportamento meccanico delle terre; un’apparente contraddizione che costituisce la vera sfida della Meccanica delle Terre, sulla quale è fondata l’intera struttura della Geotecnica, la cui corretta interpretazione chiarisce gli aspetti essenziali che conducono alla differenziazione tra analisi in condizioni non drenate e drenate.

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