altEstratto dalla tesi “Studio geotecnico e termico di un impianto geotermico a sonda verticale a bassa entalpia” discussa dall’Ing. Rocco Manzi all’Università di Padova – relatore Prof. Ing. Marco Favaretti; in questa seconda parte sono trattate la diffusione del calore nel terreno e la sua estrazione mediante sonde verticali.

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Il progresso mondiale del prossimo millennio dovrà obbedire a modelli di “sviluppo sostenibili”, ovvero uno sviluppo che viene incontro alle necessità del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di far fronte alle loro necessità; è’ inoltre ormai chiaro che lo sviluppo globale dovrà basarsi su sorgenti di energia sostenibili e rinnovabili. 
Possibili alternative all’uso di combustibili fossili sono l’energia solare, quella eolica, l’energia di biomasse e quella derivata dalle onde marine. L’energia geotermica è sotto discussione come energia rinnovabile e sostenibile: infatti spesso si sfrutta questa risorsa senza conoscere il tasso di ricarica naturale del sistema geotermico e senza valutare la possibilità di utilizzo che vada oltre il periodo di attività della centrale elettrica alimentata dal campo. Questo porta spesso a valutare la risorsa in modo minimalista, in quanto non sono considerate con il giusto peso:
  1. l’energia contenuta nel sistema geotermico nel suo complesso, ma solo quella nel serbatoio immediatamente sfruttabile;
  2. il miglioramento delle tecnologie con lo scopo di riuscire anche sfruttare il calore oggi non utilizzato (es. recupero del calore secondario);
  3. lo scarso impatto ambientale dell’energia geotermica;
  4. gli “usi non elettrici”.
Purtroppo, nell’immaginazione sociale, l’utilizzo dell’energia geotermica è abbinata solo allo sfruttamento dei sistemi geotermici idrotermali legati ai complessi vulcanici, ovvero alla presenza nella crosta terrestre di sistemi di circolazione di fluidi ad elevata temperatura. Tale sfruttamento però non può che essere complessato dalla scarsa diffusione di tali sistemi e dalla sottovalutata emissione di agenti inquinanti.
Viceversa, le prospettive future di sviluppo dell’energia geotermica dipendono da investimenti in progetti di ricerca che mirino a valutare l’effettiva durata nel tempo della risorsa e ad estrarre il calore anche in assenza di circuiti idrotermali naturali; ovvero ad imparare a contenere i costi di produzione in presenza di una possibilità di diffusione quasi capillare, con una strategia applicativa riferita particolarmente ai luoghi che per difficoltà di approvvigionamento energetico o per vincoli ambientali non consentono l’uso di fonti tradizionali.
La possibilità reale, concreta e di rapido sviluppo consiste, per l’energia geotermica, nel contribuire in modo importante al fabbisogno energetico globale basandosi sullo sfruttamento dell’enorme ed inesauribile quantità di calore radiogenico immagazzinata nei primi chilometri della crosta terrestre: un obiettivo che può essere raggiunto quasi ovunque e che, noto come “progetto di sfruttamento delle rocce calde-secche (hot dry rock)”; richiede la creazione di serbatoi mediante stimolazione di rocce poco permeabili tramite la tecnica della fratturazione idraulica.
In via del tutto preliminare, i dati disponibili per la provincia di Teramo dove risiedo hanno dimostrato che alla base del Pliocene (1500¸2500 m) la temperatura raggiunge i 70°C, con un gradiente geotermico di circa 24°C/Km comune a molte altre regioni italiane come – ad esempio – il Piemonte. Di conseguenza l’associazione più ovvia a tale tecnologia consiste in una applicazione non elettrica, quale il riscaldamento e la climatizzazione degli ambienti residenziali ed industriali, delle serre e degli allevamenti ittici e zootecnici, con una ottimizzazione degli sfruttamenti energetici “a cascata”.

Romolo Di Francesco
www.romolodifrancesco.it

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