altdi Massimo Morigi (ISPRA) e Romolo Di Francesco
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - www.romolodifrancesco.it

La seguente nota tecnica e' estratta dalla tesi di dottorato del dott. Massimo Morigi (con Romolo Di Francesco in qualita' di tutore esterno) dal titolo: Applicazione delle tecniche PSInSAR (synthetic aperture radar persistent scatterer interferometry) e avanzate DInSAR (Interferometria differenziale SAR) per il monitoraggio delle variazioni di stabilita' degli edifici in muratura durante uno sciame sismico ante-evento (foreshock): il caso de L'Aquila.

 

Lo scopo della tesi e' di dimostrare che le tecnologie satellitari possono essere applicate per comprendere la vulnerabilita' sismica degli edifici, riunendo in un unico assioma il problema dell'interazione terreno-struttura in prospettiva sismica.


1. INTRODUZIONE

Il problema dell'interazione terreno-struttura (in realta' dell'interazione terreno-fondazione-sovrastruttura) e'€™ chiaramente molto complesso, coesistendo al suo interno elementi anche molto differenti tra loro che si accoppiano in funzione di ulteriori elementi altrettanto complessi.

A titolo di esempio, sia sufficiente pensare al contenuto spettrale ed alla durata della sollecitazione sismica (terremoto), alla natura e spessori dei terreni oppure alla geometria e tipologia della struttura nelle loro possibili combinazioni.

Nel seguito saranno descritti i principi cardine che regolano il fenomeno dell'interazione terreno-struttura, tralasciandone la complessa struttura fisico-matematica per i cui dettagli in campo statico si rimanda ad Introduzione al metodo degli elementi finiti, al cui interno sono illustrati modelli matematici sviluppati in originale che, seppur complessi, sono risolvibili anche in ambiente Excel.


2. LE ONDE SISMICHE

Le onde sismiche possono essere suddivise in due grandi gruppi: le onde interne e le onde di superficie (figura 1A-B).
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Figura 1. Geometria delle onde sismiche compressionali (A) e di taglio polarizzate sul piano verticale (B); struttura interna della Terra ricostruita sulla base della loro propagazione a partire dal medesimo terremoto (C). Le onde piu' distruttive sono quelle di taglio polarizzate sul piano orizzontale (fonte: Di Francesco R., 2008. Lesioni degli Edifici. Ulrico Hoepli Editore, Milano).

Le prime, dette anche onde di volume (body waves), sono suddivise in due categorie: le onde longitudinali o di compressione, indicate dalla lettera P (da Primarie, in quanto piu' veloci), e le onde trasversali o di taglio indicate dalla lettera S (da Secondarie, in quanto piu' lente).
Le onde P sono analoghe a quelle acustiche, essendo costituite da periodiche compressioni e dilatazioni della roccia e dei terreni nella direzione di propagazione, con una velocita' che dipende dalle caratteristiche elastiche (modulo elastico dinamico) ed inerziali (densita') della materia; proprio per questo motivo, allorquando un'€™onda P proveniente dal sottosuolo intercetta la superficie topografica ed entra nell'atmosfera si trasforma in un'onda acustica generante il tipico boato precedente un terremoto.
Le onde S sono polarizzate sia nel piano verticale (onde SV) e sia in quello orizzontale (onde SH); queste ultime, considerate piu' pericolose per l'integrita' delle strutture, viaggiano con velocita' che dipende dal modulo elastico tangenziale e dalla densita' del mezzo.
Le onde P si propagano in qualunque mezzo mentre le onde S (essendo di taglio) non si propagano nei fluidi, tanto che dallo studio dei terremoti registrati in diverse parti del globo e' stato possibile scoprire la struttura interna della Terra (Figura 1C) ed in particolare le zone d'€™ombra delle onde di taglio.

Le onde di superficie sono di due tipi principali:

  1. le onde di Rayleigh (derivanti dalla composizione di onde P e SV), che generano un moto ellittico delle particelle di roccia in un piano verticale con tendenza ad estinguersi a bassa profondita';
  2. le onde di Love (derivanti dalla composizione di onde P e SH), che vibrano sul piano orizzontale parallelo alla superficie terrestre.
Occorre infine evidenziare che la velocita' di propagazione del terremoto dipende dalla velocita' propria del mezzo, tanto che gli tsunami viaggiano a 800 km/h essendo questa la velocita' propria dell'™acqua marina.
Altro elemento da tenere in considerazione e' che ogni terremoto e' costituito da tante componenti monocromatiche (onde sinusoidali di frequenza costante) ognuna delle quali e' dotata di una propria velocita'; di conseguenza si assiste al fenomeno della dispersione delle fasi per il quale un terremoto arriva distorto ad un ricevitore distante dalla sorgente (ossia ha una forma differente rispetto a quella misurabile presso la sorgente).
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Figura 2. A sinistra: accelerogramma di un terremoto reale nel dominio del tempo; a destra: la sua trasformazione nel dominio delle frequenza tramite l'equazione di Fourier. Ogni picco dei grafico nel dominio delle frequenze rappresenta un'onda monocromatica (onda sinusoidale a frequenza e velocita' costante) componente il terremoto e consente d'individuarne la frequenza (fonte: Di Francesco R., 2008. Lesioni degli Edifici. Ulrico Hoepli Editore, Milano).

3. GLI ACCELEROGRAMMI

La registrazione di un terremoto fornisce un accelerogramma, ossia la variazione dell'accelerazione nel tempo nel cui ambito possono essere riconosciuti l'ingresso delle onde P (inizio della perturbazione) e delle onde S (incremento dei picchi).
Lo studio degli accelerogrammi e's toricamente basato sulla trasformata di Fourier con la quale si produce la trasformazione dei dati dal dominio del tempo (figura 2A) al dominio delle frequenze (figura 2B), ricordando che queste ultime rappresentano l'inverso del periodo (f = 1/T).
Il periodo, a sua volta, corrisponde al tempo impiegato da un'onda per tornare nelle condizioni iniziali del moto, come nel caso illustrato in figura 1 con il termine œonda.
In pratica, considerato che in figura 1 sono rappresentate singole onde P ed S (dette monocromatiche, in quanto ognuna e' caratterizzata da una singola frequenza e relativo periodo), la trasformazione degli accelerogrammi dal dominio del tempo a quello delle frequenze consente di individuare un numero finito di onde monocromatiche componenti un terremoto reale.
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Figura 3. Qualunque accelerogramma, anche artificiale, puo' essere costruito attraverso la somma di un numero finito di onde monocromatiche; nel caso illustrato, il segnale misurato durante l'esecuzione di una prospezione sismica a rifrazione risulta scomponibile in 16 onde monocromatiche.

A titolo di esempio, dalla figura 3 si vede facilmente che ogni segnale puo' essere trasformato in un numero finito di onde monocromatiche o, al contrario, che tramite la sommatoria vettoriale di un numero congruo di queste ultime puo' essere costruito qualunque segnale nel dominio del tempo; d'altra parte, sia sufficiente riflettere sul fatto che ogni onda puo' essere simulata mediante una funzione trigonometrica periodica (seno e coseno), ognuna con una propria frequenza, e che queste ultime sono facilmente sommabili matematicamente (figura 4).
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Figura 4. Esempio di sommatoria di tre onde monocromatiche (fonte: http://fisicaondemusica.unimore.it).


Tornando alla figura 2 si scoprono due elementi essenziali:

  1. la rappresentazione nel dominio delle frequenze corrisponde a tanti picchi quanti sono le componenti monocromatiche individuate con la trasformata di Fourier, ovvero ogni picco identifica un'onda monocromatica del tipo visto in figura 3;
  2. ogni accelerogramma possiede un picco di maggiore ampiezza (maggiore accelerazione), corrispondente alla frequenza fondamentale del terremoto (4.95 Hz nel caso del sisma di figura 2), e picchi minori corrispondenti alle frequenze fondamentali successive.
In genere si e' interessati alle prime 2-3 frequenze fondamentali di un terremoto in quanto sono quelle a maggior contenuto d'energia.


4. IL FILTRAGGIO DELLE FREQUENZE

Il fatto che ogni terremoto registrato possieda frequenze fondamentali, ed essendo lo stesso il prodotto di una sorgente (faglia) e della trasformazioni subite durante la propagazione, implica che ogni struttura geologica debba funzionare come un filtro in frequenza; ma cio' implica anche che qualunque struttura (geologica, ingegneristica e biologica) debba possedere proprie frequenze fondamentali che filtrano il campo di frequenza degli impulsi che le attraversano.

Tali assunti comportano che:

  1. i terreni e le rocce sono filtri passa-basso, ovvero esaltano le frequenze subsoniche tipiche dei terremoti (inferiori ai 15 Hz e molto spesso inferiori ai 5 Hz);
  2. un terremoto che si propaga nella roccia ed entra in un deposito superficiale viene filtrato in funzione delle frequenze fondamentali di quest'ultimo le quali possono essere lette nella trasformata di Fourier di una registrazione eseguita con un accelerometro accoppiato con il suolo;
  3. la registrazione di un terremoto (o di un segnale artificiale come il traffico veicolare) eseguita all'ultimo piano di un edificio viene filtrata in frequenza dalla struttura, tanto che la sua trasformazione nel dominio delle frequenze esalta quelle fondamentali di quest'ultima (ovvero consentono di determinarne le frequenze fondamentali);
  4. nel caso in cui la frequenza fondamentale del terremoto coincida con quella dell'edificio si verifica il fenomeno della risonanza che amplifica le onde e conduce ad un rapido collasso;
  5. un edificio che si danneggia durante una crisi sismica subisce un cambiamento delle proprie frequenze fondamentali.
In buona sostanza il danneggiamento degli edifici non dipende soltanto dall'intensita' e dalla durata del terremoto, quanto dalle frequenze fondamentali del terremoto, dei terreni sui quali e' fondata una struttura e di quest'ultima.

5. IL PROBLEMA DELL'AMPLIFICAZIONE SISMICA E DELLA RISPOSTA SISMICA LOCALE
Mettendo insieme gli elementi noti si scopre che le onde sismiche nascono con un determinato contenuto spettrale; il treno di onde viene poi distorto ed attenuato durante la propagazione dall'ipocentro attraverso la crosta terrestre e, poiche' le rocce funzionano come un filtro passa-basso, le componenti di (relativa) alta frequenza vengono smorzate piu' rapidamente al crescere della distanza.
Allorquando le onde intercettano la superficie terrestre il problema si complica, dal momento che le stesse subiscono un'ulteriore modifica consistente in una distorsione delle frequenze e in una variazione di forma e di ampiezza in funzione delle caratteristiche dei terreni del sito ed in particolare della velocita' propria del mezzo.
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Figura 5. Si supponga che un terremoto, che viaggia nella roccia a velocita' V1, sia costituito da una singola onda monocromatica; nel momento in cui la stessa entra in terreni aventi velocita' V2, tale da valere V1 > V2, l'onda subisce un'amplificazione in ampiezza.

Partendo dalla figura 5, occorre considerare che un terremoto che entra in terreni superficiali poggianti su roccia rispetta, all'interfaccia roccia-terreni soffici (questi ultimi cosi' detti in funzione della loro velocita' molto inferiore rispetto a quella della roccia sottostante) subisce una drastica diminuzione della velocita' e di conseguenza dell'accelerazione; allo stesso tempo, nonostante l'energia di un terremoto di dissipa con l'aumentare della distanza dall'ipocentro, deve localmente valere la legge di conservazione dell'energia essendo il essendo roccia-terreni soffici di spessore infinitesimo. In definitiva, la brusca decelerazione e l'impossibilita' istantanea di dissipare energia e' compensata da un aumento dell'ampiezza delle onde con relativa amplificazione del moto risultante.
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Figura 6. La frequenza fondamentale del centro storico di Teramo e' di 3,38 Hz tale da modificare un terremoto in ingresso nei terreni alluvionali (aventi spessore di circa 20 metri) e proiettarlo al suolo amplificato in frequenza.

Ovviamente, essendo un terremoto reale composto da n onde monocromatiche, saranno amplificate quelle che piu' si avvicinano alle frequenze fondamentali del terreno in funzione del filtraggio in frequenza.
A titolo di esempio, la figura 6 illustra analisi dinamiche relative al centro storico di Teramo fondato su terreni alluvionali (soffici rispetto al sottostante substrato roccioso) aventi una sezione tipo quella di figura 5; la frequenza fondamentale di tali terreni e' pari a 3,38 Hz (T = 0.296 s) tale da produrre un'amplificazione sismica di 4,05 volte per la medesima componente monocromatica dei terremoti.
Cio' significa, ad esempio, che ogni terremoto della sequenza sismica dell'Umbria-Marche del 1997 (figura 2) e' stato amplificato di quasi 4 volte nel centro storico di Teramo rispetto a buona parte delle periferie. In altre parole, per configurazioni stratigrafiche del tipo trattato, e' sufficiente anche un terremoto di modesta magnitudo, quale quello generato a notevole distanza e soggetto alla legge di attenuazione del segnale, per generare allarme e spavento.
Dai risultati della figura 6 sembrerebbe lecito supporre che il centro storico di Teramo non dovrebbe essere integro come invece risulta, stante i numerosi terremoti del passato dai quali e' stato afflitto; al contrario, considerando che gli edifici sono tutt'ora integri, occorre ricordare che il problema dipende anche dalle frequenze fondamentali di questi ultimi o, in altre parole, occorre considerare che l'intero tessuto urbano antico di Teramo e' il risultato di una selezione naturale operata dai terremoti del passato.
Da ulteriori analisi eseguite sugli edifici antichi del centro storico di Teramo e' emerso che per altezze degli edifici in muratura portante H = 10/15/20 m si ottengono frequenze proprie di 3.56/2.62/2.11 Hz, con la conseguenza che solo per edifici bassi le frequenze tendono ad avvicinarsi pericolosamente a quella fondamentale dei terreni alluvionali.
Si vuole evidenziare che tale studio e' stato pubblicato in un convegno nazionale del 2005 e che il terremoto dell'Aquila del 2009 ha prodotto danni selettivi nel centro storico di Teramo avendo danneggiato per lo piu' strutture basse rispetto a quelle piu' alte.
Le tecnologie satellitari in fase di applicazione sul centro storico di Teramo stanno ulteriormente confermando i dati teorici.


6. INTERAZIONE TERRENO-STRUTTURA IN PROSPETTIVA SISMICA

Riassumendo gli elementi descritti emerge che un'analisi rigorosa delle problematiche attinenti la propagazione e gli effetti dei terremoti sulle strutture assume la connotazione di uno studio alquanto complesso difficilmente riproducibile con modelli fisico-matematici; d'altra parte la presenza di manufatti implica che la valutazione dell'interazione terreno-struttura in campo sismico e' frutto di un numero elevato di variabili quali ad esempio:
  1. il rapporto di snellezza della struttura;
  2. l'accoppiamento terreno-struttura in termini di rigidezza relativa.
Numerose prove ed analisi, condotte anche su modelli in scala di strutture reali o mediante misurazioni delle vibrazioni di origine ambientale in senso generale, hanno evidenziato che lo smorzamento dovuto alla fondazione di una struttura elastica interagente con una base rigida (substrato roccioso) e' decisamente maggiore rispetto alla stessa fondata su terreni soffici, in quanto entra in gioco anche il fenomeno della dissipazione di energia nel terreno che a sua volta puo' essere ricondotta a due processi fondamentali:
  1. l'isteresi propria del materiale, soprattutto per elevati livelli di sollecitazione e deformazione;
  2. l'irraggiamento delle onde dalla fondazione verso il semispazio.
Un altro elemento di fondamentale importanza e' poi insito nella constatazione che il contributo dello smorzamento totale dovuto alla fondazione interagente con il terreno tende ad aumentare con l'aumentare della deformabilita' di quest'ultimo rispetto a quella strutturale, risultando nel contempo maggiore nelle strutture tozze rispetto a quelle snelle.
Il problema poi e' ulteriormente complicato nel caso in cui lo spessore dei depositi superficiali assume una connotazione geometrica ben definita, soprattutto se paragonata a quella strutturale, tale da non poter essere piu' identificato con un semispazio elastico infinito ma da dover essere ricondotto al caso di uno strato deformabile poggiante su base rigida: in tal caso, di fatti, si assiste anche alla riflessione del treno di onde che dalla struttura (fondazione) viaggiano verso il substrato roccioso, con la conseguenza che lo smorzamento per irraggiamento puo' essere considerato trascurabile e quello totale diminuisce.
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Figura 7. Effetti della selettiva' sismica intesa quale sintesi della complessita' dell'interazione terreno-struttura (fonte: Di Francesco R., 2008. Lesioni degli Edifici. Ulrico Hoepli Editore, Milano).


7. CONCLUSIONI

Sintetizzando gli elementi descritti appare logico che il fenomeno che passa sotto la definizione di interazione terreno-struttura in campo sismico, e che spiega anche la selettivita' dei terremoti citata precedentemente, e' alquanto complessa in quanto ogni edificio rappresenta un caso isolato se non unico la cui integrita' strutturale ed architettonica dipende da una moltitudine di fattori che comprendono (figura 7):
  • la geometria strutturale;
  • la tipologia costruttiva;
  • l'azione delle masse in gioco;
  • la deformabilita' dei telai;
  • l'azione delle tamponature per strutture a telai;
  • le condizioni di conservazione e vetusta';
  • la tipologia delle fondazioni;
  • la natura e lo spessore dei terreni;
  • la presenza di faglie o di altri elementi di discontinuita' tettonica;
  • la presenza e la quota del livello piezometrico nel sottosuolo;
  • l'intensita' e la durata del moto vibratorio.

Quale soluzione?

Stiamo lavorando sulle applicazioni delle tecnologie satellitari che possono individuare, durante uno sciame sismico, le differenti risposte degli edifici espresse in termini di movimenti e definire un corrispondente livello di vulnerabilita'. Chiaro che una volta individuati gli edifici piu' vulnerabili il passaggio successivo consiste nell'entrare nel merito fisico-matematico, potendo in tal modo concentrare gli studi e limitarne i costi.
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