Durante gli ultimi giorni del mese di febbraio una lingua di aria fredda polare insinuatasi sui Balcani ha emesso un nucleo depressionario che si è posto in rotazione dirigendosi verso l'area basso tirrenica (da: www.meteogiornale.it); il vortice ha così iniziato a convogliare considerevoli masse di aria umida marittima sull'Italia, specie centro-meridionale. Il successivo aggiramento della barriera appenninica ed il richiamo di correnti nord-orientali ha permesso, nei primissimi giorni di marzo, lo sviluppo di fenomeni precipitativi di prolungata consistenza nelle Marche ed in Abruzzo causando diffusi smottamenti, allagamenti, esondazione dei fiumi, ingenti danni alle infrastrutture ed alle proprietà private e pubbliche e, purtroppo, anche vittime.
Non è mia intenzione fare un mero elemento dei danni, tantomeno dell’inutile retorica sulla necessità di salvaguardare l’uso del territorio; voglio solo evidenziare, tra i tanti danni che ho potuto osservare in prima persona, il danneggiamento (forse) irreparabile di un antico ponte ad arco. Un pezzo della nostra storia recente che scomparirà per sempre.
Nella mia lunga esperienza nell’analisi dei danneggiamenti strutturali non mi era mai capitato di osservare il cedimento della pila centrale di un ponte ad arco di oltre 80 centimetri, che ha causato anche una distorsione strutturale verso monte.
A questo punto vorrei solo invitare i visitatori del mio sito a lasciare un commento, un suggerimento, con la speranza di giungere alla definizione di un’idea che potrebbe essere presentata alla Provincia di Teramo proprietaria del ponte. Forse in questo modo, pur nell'ormai cronica assenza di finanziamenti, un collegamento viario importante potrebbe essere riaperto in breve (!) tempo. Posso solo aggiungere che possiedo informazioni sulla stratigrafia a pochi chilometri a valle del punto in oggetto, con presenza di ghiaie intergiditate con limi dello spessore di circa 12 metri.
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