Negli ultimi giorni è venuta alla ribalta della cronaca la formazione di un vulcano, in localita' Santa Vittoria di Matenano (nel fermano), associato allo sciame sismico in corso nel centro Italia; quindi - allo scopo di fornire una spiegazione scientifica e di tacitare definitivamente le tante, assurde ipotesi che circolano nel web - ho deciso di interpellare il collega Gianni Scalella, uno dei massimi esperti in Italia di tale fenomeno.
Allego anche un pdf relativo ad una ricerca condotta da Gianni Scalella con lo scrivente sui vulcanelli di fango presenti nel territorio teramano.
Romolo Di Francesco
Nella storia geologica dell'Italia sono molte le ricorrenze tra terremoti ed emanazioni fluido-gassose dei vulcanelli di fango. Il recentissimo sisma del 30 ottobre, con magnitudo 6.5 ed epicentro in prossimità di Norcia, ha riattivato un fenomeno conosiuto da tempo ed ampiamento documentato da pubblicazioni scientifiche, quale appunto il vulcanello di fango di Santa Maria in Matenano (localitù Curetta).
Tale vulcanello, già ampiamente documentato in una pubblicazione scientifica del 1968 ad opera del Biasutti, è stata recentemente studiato dallo scrivente assieme al prof. Piero Farabollini (Università degli studi di Camerino); durante gli stessi lo abbiamo monitorato ed abbiamo prelevato dei campioni eruttato dalle bocche lutivome per analizzarne il contenuto di gas particolari, quali radon e metano.
E' infatti risaputo in ambito scientifico che le emissioni geologiche sono dovute a processi di degassamento, o esalazioni naturali di gas dal terreno, lungo faglie e fratture della crosta terrestre, dando spesso luogo a manifestazioni gassose note come vulcanelli di fango; da tali studi si evince che nel territorio marchigiano tali vulcanelli sono presenti quasi esclusivamente nell'area periadriatica, caratterizzata da depositi pelitici pliocenici (argille antiche di oltre 2 milioni di anni, aventi spessori di molte centinaia di metri), che si attivano in occasione di precipitazioni meteoriche particolarmente intense o in occasione di eventi sismici con magnitudo superiore in genere a 6.
Tale fenomeno non può e non deve essere collegato a quello della liquefazione del suolo (che invece interessa la sabbia monogranulare satura) il quale, pur dipendendo dalle sollecitazioni sismiche, deriva dall'aumento delle pressioni interstiziali nelle sabbie che perdono il contatto tra i granuli e si liquefano fuoriuscendo in superficie; in questo caso si tratta di vere e proprie bocche crateriche (denominate lutivome) dalle quali fuoriesce acqua e argilla, talvolta accompagnata da emissione gassosa.
Geologo Gianni Scalella