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Indagini propedeutiche allo studio della vulnerabilita' sismica degli edifici

  • 8 nov 2016
  • Tempo di lettura: 5 min

Gli ultimi eventi sismici verificatisi nel centro Italia hanno evidenziato per l'ennesima volta la notevole vulnerabilità (e fragilita') del patrimonio edilizio e storico esistente; d’altra parte, il problema era già emerso con il sisma di Loma Prieta del 1989, il quale ha dimostrato senza ombra di dubbio che uno stesso terremoto può produrre effetti molto diversi su edifici eretti sullo stesso suolo e quindi soggetti alla medesima sollecitazione sismica: effetti strettamente connessi alle frequenze modali delle singole strutture, dipendente soprattutto dalla loro altezza e da ulteriori fattori non meno importanti tra i quali: la geometria; le modalità costruttive; lo stato di conservazione; la natura e spessore dei terreni; la disposizione delle masse; l’ampiezza, durata e contenuto spettrale del terremoto.

In estrema sintesi, si può affermare che la vulnerabilità sismica di ogni edificio è strettamente correlata alle caratteristiche sismiche del suolo su cui esso è edificato, che diventa condizione di criticità quando le frequenze fondamentali del sottosuolo e delle strutture coincidono dando luogo al pericoloso fenomeno della risonanza.

Ciò premesso, lo studio del comportamento dinamico di una struttura (al fine di evidenziarne il grado di vulnerabilità sismica) è perseguito con la costruzione di modelli matematici (in genere utilizzando il metodo degli elementi finiti) che permette di individuarne le frequenze e le forme modali nonchè le condizioni di criticità strutturali tramite l'analisi push-over; quindi, sulla base dei risultati ottenuti, si può stabilire come e dove intervenire al fine di incrementare la resistenza delle strutture alle forze sismiche e, contestualmente, di variarne le frequenze fondamentali.

Il problema, a questo punto, si sposta sull'attendibilità dei modelli matematici che tende a dipendere dalle ipotesi fatte (ad esempio: dalle condizioni di vincolo, dalla natura e dal legame costitutivo assunto per i materiali, ecc.) che non sono propriamente note; d'altra parte, nel corso della propria storia un edificio può aver subito modifiche strutturali (pensiamo alle strutture in muratura dei tanti centri storici, con sopraelevazioni, annessione di nuovi corpi, cambi di destinazione d’uso, trasformazioni degli spazi interni, ecc.) che rendono estremamente difficoltosa la costruzione di un modello attendibile, ovvero aderente al reale comportamento strutturale.

Rebus sic stantibus, nel seguito il geologo Valeriano Bassani descrive una tecnica geofisica grazie alla quale è possibile definire sperimentalmente (in maniera rapida ed estremamente poco costosa) il comportamento dinamico delle strutture esistenti, determinandone le frequenze e le forme modali utili per la calibrazione dei modelli matematici.

Romolo Di Francesco

 

La metodologia che ci permette di caratterizzare dinamicamente una struttura, indicata con l’acronimo SSR (Standard Spectral Ratio), utilizza i microtremori ambientali che sono ovunque presenti sulla terra e oltre ad essere speditiva è economica, non invasiva e non distruttiva.


La strumentazione impiegata è equipaggiata con tre velocimetri orientati nelle tre direzioni ortogonali tra loro x,y,z. L’utilizzo dei velocimetri evita l’energizzazione indotta artificialmente del manufatto (vibrodina, cavi di tensione, ecc) riducendo sensibilmente i costi, ma soprattutto ci permette di acquisire il segnale con sensibilità distribuita abbastanza uniformemente lungo lo spettro 0,1-50 Hz, ma particolarmente elevata nel range 0,5-5 Hz.


Il comportamento dinamico di una struttura viene descritto attraverso i MODI che si dividono in modi flessionali e modi torsionali, a loro volta suddivisi nei rispettivi modi fondamentali o primi modi e superiori; in particolar modo per i modi flessionali si devono considerare le due direzioni longitudinale e trasversale (figura 1).

 

Figura 1 (estratta da Castellaro et al., 2008)

A questo punto è importante porre in evidenza che per individuare i vari modi di una struttura è necessario pianificare la geometria della disposizione dei sensori, poiché vi sono dei punti detti NODI in corrispondenza dei quali non si ha nessun movimento relativamente al modo studiato.

Poichè una struttura interagisce, nei modi di vibrare, con ciò che la circonda (terreno compreso e viceversa), ne deriva che ai fini della caratterizzazione dinamica di una struttura è necessario rimuovere gli effetti di sito attraverso opportune operazioni di deconvoluzione fra le tracce acquisite; di seguito, a titolo di esempio, si riportano in figura 2 i risultati ottenuti da misure realizzate su una torre in muratura a pianta quadrata, in cui, nonostante la geometria seguita durante le acquisizioni non fosse quella ideale, oltre ai modi flessionali si evidenziano anche i modi torsionali. Si tenga inoltre presente che lungo l’asse delle ascisse, in scala logaritmica, è riportata le frequenza, lungo l’asse delle ordinate i rapporti spettrali. La struttura esaminata è una torre in muratura a base quadrata a contatto, su un lato, con un agglomerato di case, anch’esse in muratura. L’intero complesso si trova nel centro storico di una piccola cittadina.


Figura 2

Nelle due immagini soprastanti si evidenziano i modi flessionali (I° e II° da sx a dx) della torre, evidenziati dai pallini rossi, i modi torsionali (I°e II°da sx a dx), evidenziati dai triangoli magenta. E’ importante inoltre mettere in evidenza come gli spettri “contengono” il modo di vibrare dell’intero complesso, ma in particolare, essendoci posti nella torre siano maggiormente evidenti i modi di quest’ultima. Si ponga inoltre l’attenzione sulle diverse ampiezze (rapporti spettrali) a dimostrare l’interazione tra la torre e il resto del complesso - INTERFERENZA TRA STRUTTURA E SUO INTORNO. L’ampiezza del modo lungo la direzione trasversale è maggiore di quella lungo la componente longitudinale, essendo questa “smorzata” dall’agglomerato adiacente.

La seguente figura 3 rappresenta le deformate corrispondenti al primo modo flessionale che in questo specifico caso si attiva a 1,67Hz in entrambe le componenti del piano.


Figura 3

Di seguito (figura 4) si riporta un altro esempio dove l’interazione tra strutture è altrettanto evidente e supportato anche dal fatto le  misure sono state eseguite su due edifici aventi una parete in comune. Anche in questo ci troviamo in un centro storico e abbiamo un agglomerato di case in muratura molto sviluppato in senso longitudinale. L’indagine è stata eseguita su due edifici uno di 3 piani e l’altro di 4 piani. Per comodità si riportano i soli modi flessionali lungo la componente trasversale dei due edifici


Figura 4

Nelle due figure i pallini rossi indicano il primo modo flessionale dei due edifici. Nello spettro dell’edificio a 3 piani (in basso) il triangolino lilla indica senza ombra di dubbio il primo modo flessionale dell’edificio a 4 piani che si “trasmette” – Interferisce – al modo di vibrare dell’edificio a fianco. Si noti inoltre che avendo massa più grande l’edificio a 4 piani trasmette in maniera molto evidente i propri modi di vibrare a quello a massa minore (3 piani) e non viceversa. Sempre con la stessa tecnica, prendendo i dovuti accorgimenti ed utilizzando appositi software è possibile determinare anche lo smorzamento di una struttura.

La sottostante figura 5 rappresenta il risultato che si è avuto lungo una componente in una casa in legno a due piani poggiante su un piano interrato in cemento armato.


Figura 5

Questi sono solo alcuni esempi che dimostrano l’efficacia di tale tecnica le cui applicazioni sono molteplici; tra queste le principali sono:

  • tarare i modelli matematici;

  • possibilità di pianificare un migloramento sismico avendo come riferimento un modello basato su  dati sperimentali e quindi disporre di informazioni sicure su cui basare gli interventi successivi;

  • verificare in fase di collaudo finale o durante le varie fasi costruttive l’eventuale discordanza tra il modello matematico di progetto e ciò che si è effettivamente edificato;

  • monitoraggio dello “stato di salute” di una struttura;

  • pianificare al meglio eventuali indagini strutturali (carotaggi, martinetti piatti, etc.) avendo la possibilità, basata su dati sperimentali, di eseguirle in modo più mirato con conseguente abbattimento dei costi;

  • determinare lo smorzamento di una struttura.

Si fa presente che questa tecnica, non invasiva, valuta la struttura nel suo insieme, al contrario delle prove tipo carotaggi, martinetti piatti, pacometro e sclerometro  etc. che oltre ad essere puntuali possono essere anche invasive.

Geologo Valeriano Bassani

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