Per favore, non chiamatelo georadar
- 13 dic 2016
- Tempo di lettura: 9 min
Aggiornamento: 25 mag
a cura del geologo Massimo Bavusi (Terralab srl, via della Meccanica, 13/B - 85100 Potenza)
Se c'è una tecnica geofisica che non gode della fama che gli spetterebbe di diritto, almeno in Italia, questa è la tecnica Ground Penetrating Radar, Ground Probing Radar, o, più brevemente, GPR (Conyers and Goodman 1997; Daniels 2004). Per molti si tratta di poco più di un cercatubi, altri lo confondono con un metal detector, quasi tutti lo chiamano georadar.
La tecnica che, come vedremo è efficace quanto affascinante, è stata spesso bollata come di dubbia utilità, che non "fa vedere" gli oggetti sepolti, che ha un sacco di controindicazioni, che non arriva abbastanza in profondità. La verità è che i fallimenti scaturiscono soltanto da un utilizzo delle non conforme alla rigorosa teoria che vi è alla base. Al contrario, in mani esperte, il GPR è uno strumento preciso ed efficace e spesso rappresenta l'unica reale possibilità diagnostica come negli ambienti urbanizzati o per applicazioni su beni culturali dove la non invasività deve essere totale.
Tanto per cominciare, consiglio di effettuare ricerche su questa tecnica utilizzando la definizione internazionale Ground Penetrating Radar o il suo acronimo GPR. Resterete sbalorditi dalla notevole quantità di articoli scientifici che vengono continuamente redatti.
Evitando il ricorso a complicate formule, diciamo che la tecnica si basa sull'invio di onde elettromagnetiche nel sottosuolo mediante un'antenna trasmittente e sulla captazione dei segnali riflessi dalle interfacce sepolte mediante un'antenna ricevente. A volte le due antenne sono costituite da un solo dispositivo che si commuta automaticamente da trasmittente a ricevente e viceversa. Altre volte si tratta effettivamente di due antenne. Nella configurazione più comune, detta zero-offset, le due antenne sono contenute dentro lo stesso involucro per cui ciò che è visibile dall'esterno è una scatola in materiale plastico che si appoggia sul terreno. Completano la dotazione un carrello provvisto di odometro (un misuratore di distanza), e un display che può essere un normale laptop. In figura 1 sono illustrati alcuni esempi di strumentazioni.
Figura 1. Esempi di sistemi GPR
Se visitate i siti dei principali produttori di sistemi GPR vedrete molte configurazioni, antenne dalle forme più improbabili che possono essere appoggiate a terra o lavorare in sospensione, sistemi montati su carrello ma anche su automobile o furgone, ma tutti si basano sull'invio d'impulsi elettromagnetici nel sottosuolo e sulla ricezione degli echi riflessi.
Osservando le immagini dei diversi dispositivi, si può notare come alcune antenne siano grandi al limite della manovrabilità, altre molto piccole, tanto da stare in una mano. Perché?
Un aspetto che molti ignorano è che non esiste il georadar, ma esistono sistemi georadar costituiti da unità di controllo, odometro e diversi set di antenne. Così come un fotografo cambia obiettivo in funzione dello scopo della fotografia, allo stesso modo un operatore di GPR cambia la sua antenna. Se per gli obiettivi fotografici il parametro più importante è la lunghezza focale, per le antenne GPR è la frequenza centrale fc!
La frequenza centrale è un numero che ci da due informazioni: la larghezza di banda di un'antenna e la frequenza del centro di questa banda. Se un'antenna ha una frequenza centrale bassa, ad esempio 50 MHz, avremo a disposizione uno strumento con una buona profondità di esplorazione (dell'ordine dei 5-8 m nei comuni materiali geologici) ma pagheremo pegno con una scarsa risoluzione spaziale per cui non potremo vedere oggetti più piccoli di una certa dimensione (più o meno 10-20 cm). Al contrario, disponendo di un'antenna con frequenza centrale alta, ad esempio 900 MHz) potremo osservare oggetti molto piccoli come le barre di ferro nel cemento armato, ma non andremo molto oltre il mezzo metro di profondità. Quindi, la scelta dell'antenna è fondamentale per il successo di una prospezione!
Generalmente, nella ricerca di sottoservizi o a scopo archeologico si utilizzano antenne che vanno dai 200 MHz agli 600 MHz. Chi di noi ha avuto la fortuna di assistere ad una prospezione GPR si è certamente divertito a vedere un signore, abbigliato in modo professionale, portare a spasso con solerzia il suo GPR su e giù per una strada o un piazzale. In realtà, dietro a quei gesti apparentemente insignificanti avviene un vero e proprio miracolo basato sulle equazioni di Maxwell e sulle leggi di Snell. Le onde elettromagnetiche prodotte dall'antenna colpiscono i bersagli nel terreno (target) e, riflesse alle interfacce di questi, riaffiorano in superficie per essere captate mentre l'antenna viene traslata dall'operatore. Sul display prende consistenza un'immagine che è molto simile ad un'ecografia detta radargramma.
Ecco come appare un radargramma nel formato B-Scan, con tutte le ondine o wigglet affiancate a disegnare le interfacce (figura 2). L'asse orizzontale è la distanza percorsa dall'antenna mentre l'asse verticale è il tempo doppio di andata e ritorno dell'onda elettromagnetica espresso in nanosecondi.
Figura 2. Esempio di radargramma in formato B-Scan.
Oggi capita più spesso di trovare radargrammi fatti come quello in figura 3.
Figura 3. Esempio di radargramma in formato C-Scan.
In questa immagine, detta C-Scan, l'ampiezza dell'ondina è codificata in un valore espresso in scala di grigi. Esistono altre scale colorate utili a mettere in evidenza le riflessioni più significative. Anche in questo caso l'asse verticale rappresenta i tempi doppi.
A questo punto la domanda dovrebbe essere già nella mente dei più: e la profondità? Come si capisce a quale profondità si trova il target? Per saperlo bisogna sapere la velocità con cui si propaga l'onda elettromagnetica nel sottosuolo (spesso si parla di velocità del sottosuolo riferendosi ad essa) che dipende a sua volta dalla "costante dielettrica" (epsilon) del sottosuolo come si può vedere in figura 4.
Figura 4. Costanti dielettriche e velocità dei materiali geologici.
Allora tutto risolto! Si prende la costante dalla tabella in base al sottosuolo e si ottiene la velocità con cui si convertono i tempi in profondità! Purtroppo in geofisica niente è semplice: lo stesso materiale può presentare valori molto diversi della costante dielettrica a seconda del suo contenuto d'acqua, presenza di metalli e ossidi, granulometria, volume dei vuoti, ecc. Soprattutto l'acqua è in grado non solo di rallentare le onde elettromagnetiche ma addirittura di attenuarle fortemente. Scordatevi di fare prospezioni GPR in terreni argillosi saturi (non vedreste niente) e in generale aspettate qualche giorno di tempo asciutto prima di farne su altri tipi di terreni.
Le tabelle servono soltanto ad avere un'idea dell'ordine delle grandezze in gioco, per cui se si vuole conoscere la costante dielettrica del terreno occorre stimarla con il metodo delle iperboli, con il metodo del riflettore noto oppure con particolari tecniche di acquisizione che si effettuano con due antenne separate come il Common Mid Point (CMP) e il Wide Angle Reflection and Refraction (WARR).
Nella stragrande maggioranza dei casi, il metodo delle iperboli è più che sufficiente per ottenere stime ragionevoli della costante dielettrica del sottosuolo, a patto che il nostro radargramma ne contenga almeno una. Ma cosa sono queste iperboli? Un operatore di GPR conosce molto bene questa figura geometrica perché è associata a strutture sepolte molto compatte nel piano della sezione GPR come tubazioni, piccole cavità, cavi elettrici, condotte, ecc. In figura 5 sono riportati alcuni esempi di iperboli di riflessione.
Figura 5. Esempi di iperboli di riflessione dovute ad oggetti "puntiformi" nel piano della sezione.
L'iperbole di riflessione è quello che "vede" il GPR quando le onde elettromagnetiche intercettano un "riflettore puntiforme" cioè un oggetto approssimabile ad un punto nel piano della sezione del radargramma.
La forma più o meno aperta di una iperbole di riflessione ci da una buona indicazione della velocità del sottosuolo posto al di sopra del vertice dell'iperbole stessa e quindi sulla costante dielettrica. All'interno dei più comuni software di elaborazione e interpretazione è possibile sovrapporre un'iperbole sintetica a quella reale e, modificarne l'apertura cambiandone la velocità finché le due iperboli non si sovrappongono perfettamente. La velocità che consente la perfetta sovrapposizione delle iperboli sarà quella del sottosuolo. Se in un radargramma ci sono molte iperboli, sarà possibile stimarne la velocità nei diversi punti con una buona approssimazione e quindi convertire l'asse dei tempi doppi in profondità.
Risolto questo problema, se ne intravvede un altro: se un tubo in sezione appare come un'iperbole, come si fa a capire come appariranno nel radargramma oggetti con forme più complesse? In realtà esistono abachi su come appaiono le forme più comuni all'interno di un radargramma (un canale, un dosso, uno scavo, ecc), ma un operatore con esperienza è in grado di "tradurre" qualsiasi forma nell'oggetto reale.
In realtà si può fare di più: processare il radargramma. E con questo non intendo metterlo al banco degli imputati, ma sottoporlo a processing o a processamento o elaborazione. Il processing è una fase importantissima in una campagna GPR. Ecco un manuale molto ben fatto su come muovere i primi passi con il processing GPR.
Con il processing si possono fare un sacco di operazioni per rendere più intellegibile un radargramma: correzione del tempo di zero, filtro in frequenza, background removal e migrazione sono le operazioni più comuni, ma è possibile manipolare più o meno pesantemente un radargramma in modo da mostrare al meglio l'informazione che ci occorre. Tra tutte le operazioni, la migrazione è tra quelle più importanti perché focalizza il radargramma collassando le iperboli nel vertice e riconduce tutte le riflessioni ad una forma più simile a quella dell'oggetto reale.
In figura 6a è riportato un radargramma non processato in formato C-Scan che acquisito nel 2009 al primo piano della prefettura di Chania (Creta, Grecia) nell'ambito di un progetto Interreg finalizzato alla caratterizzazione di beni architettonici di pregio in area sismica. In figura 6b si può vedere lo stesso radargramma processato e migrato. Come si vede, il numero di elementi ed il dettaglio sono notevolmente aumentati ed è stato quindi molto più semplice interpretare la struttura del solaio, dei muri portanti, dei travetti posti sotto gli archi e addirittura le riflessioni dovute all'arredamento del piano sottostante (figura 6c).
Figura 6. a) radargramma non processato; b) radargramma processato e migrato; c) interpretazione.
Esistono diversi software per effettuare il processing dei radargrammi, alcuni scritti ad hoc, altri derivati da software per il processing di dati sismici, purtroppo tutti commerciali. Il loro utilizzo è fondamentale per estrarre tutta l'informazione da un radargramma.
Occorre precisare che il processing non aumenta il contenuto informativo di un radargramma, ma lo evidenzia. Se un radargramma è acquisito male, difficilmente potrà essere migliorato con il processing. Un processing eseguito male può al contrario distruggere le informazioni che ci occorrono: ad esempio l'applicazione del background removal può eliminare preziose informazioni stratigrafiche.
Più recentemente il GPR è stato declinato in 3D grazie alla possibilità d'interpolare radargrammi fittamente spaziati in modo da coprire delle aree.
In figura 7 è riportato un esempio di acquisizione 3D realizzata nel 2010 con antenna a 200 MHz e spaziatura tra i radargrammi di 0.5 m a Montemurro in Basilicata per l'individuazione dei resti della vecchia chiesa di Santa Maria distrutta dalla frana del 1842. Come si vede, il GPR è stato utilizzato per ottenere mappe a diverse profondità in modo da rendere evidente il pattern della fondazione sepolta sotto l'attuale piazza Santa Maria ed individuarne con precisione i resti.
Figura 7. Acquisizione GPR con geometria 3D. a) survey design; b) estrazione delle depth slices a profondità significative; c) interpretazione in pianta e individuazione dei saggi di scavo; c) verifica in situ dei riflettori.
Nell'esempio seguente è mostrata la geometria di acquisizione tridimensionale realizzata su un nodo trave-pilastro di una scuola danneggiato dal terremoto de l'Aquila del 6 Aprile 2009 per mezzo di un'antenna da 1.5 Ghz (figura 8).
Figura 8. Geometria di acquisizione tridimensionale su un nodo trave-pilastro.
Il nodo fu ripristinato tramite l'iniezione di malte ad alta resistenza e a bassissima viscosità in grado di permeare il più piccolo anfratto della frattura. Poiché la resistenza a compressione dell'elemento strutturale è recuperata soltanto se la continuità del mezzo viene assicurata, era di fondamentale importanza capire se l'iniezione aveva lasciato alcune camere d'aria nella zona danneggiata. Inoltre occorreva verificare l'integrità delle armature che, com'è noto, assicurano resistenza a trazione.
Un'indagine GPR ad alta frequenza rappresentò il metodo più indicato per avere risposte in tempi rapidi ed in modo economico. L'indagine GPR realizzata si componeva di 13 radargrammi longitudinali e 34 radargrammi trasversali ad all'asse della trave realizzati con antenna da 1.5 GHz con capacità risolutiva dell'ordine del centimetro.
Dall'interpolazione dei radargrammi processati è stato possibile ricostruire il volume dell'intersezione tra i due elementi strutturali ed osservarne le armature interne (figura 9a). Inoltre, è stato possibile estrarre delle depth-slice a profondità significative per analizzare la struttura lungo tutto il suo spessore e verificare l'integrità delle armature e l'assenza di vuoti non colmati dalla resina epossidica (figura 9b).
Figura 9. a) Volume di dati ottenuto da prospezione GPR 3D; b) depth-slices a profondità significative.
Alla luce di questa breve descrizione del metodo, dovrebbe essere chiaro perché fin troppo spesso le prospezioni GPR finiscono per non dare il risultato sperato.
Infatti, non è sufficiente traslare lo strumento sul terreno per avere informazioni affidabili ma occorre:
scegliere la frequenza centrale dell'antenna rispetto alle dimensioni e alla profondità attese del target;
stabilire la migliore geometria di acquisizione per il caso in esame (zero offset, trasparenza, 3D, ecc.);
stimare la "velocità del sottosuolo" o dell'oggetto studiato con il metodo più adatto al caso in esame;
processare il radargramma stando attenti a non distruggere preziose informazioni.
La non conoscenza di tutti questi fattori ha portato molti operatori inesperti ad affidarsi troppo ai software, a seguire pratiche dettate dalla prassi e non dall'applicazione dei principi teorici di base, a non processare affatto i radargrammi, a non avere idea della profondità raggiunta dalla prospezione, a non valutare correttamente riflessioni aeree (riflessioni dovute ad oggetti presenti al di sopra e lateralmente all'antenna e non nel sottosuolo) o artefatti.
Purtroppo oggi non esiste un "patentino" o un certificato che possa attestare la competenza e la preparazione degli operatori, anche se recentemente la GPR European Association ha rilasciato delle linee guida su come effettuare una prospezione GPR.
Quindi, se una prospezione non fornisce risultati soddisfacenti, non date la colpa alla tecnica ma cercate di capire se il vostro operatore GPR ha rispettato le basilari regole del GPR.
Geologo Massimo Bavusi
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