top of page

Paradosso sull'inesistenza dell'accelerazione sismica

  • 19 set 2013
  • Tempo di lettura: 3 min

È noto che dato uno spostamento u, la velocità e l’accelerazione sono rispettivamente la derivata prima e seconda dello stesso rispetto al tempo; allo stesso modo, data un’accelerazione a la velocità e lo spostamento sono l’integrale primo e doppio di questa, sempre rispetto al tempo, per il teorema fondamentale dell’Analisi che lega il calcolo differenziale con quello integrale.

È anche noto che un mezzo continuo omogeneo è caratterizzato da una velocità che rappresenta una caratteristica fisica del mezzo, nel senso che il ferro alfa possiederà sempre la stessa velocità di propagazione di un’onda che sarà differente da quella del ferro beta. Allo stesso modo, un determinato calcestruzzo o una specifica roccia possiederanno ognuno una propria velocità che dipenderà dalla densità del mezzo e dalle sue proprietà elastiche.

Evidentemente, variazioni di velocità all’interno di un determinato mezzo possono essere associate soltanto a variazioni della sua densità, che si riflette anche sulle caratteristiche elastiche, consentendo pur sempre la definizione di aree omogenee al cui interno la velocità rimane sempre costante. Stesso discorso vale per i mezzi porosi per i cui dettagli rimando alla relativa pubblicazione.


 


 Paradosso.

Nel momento in cui s’innesca il movimento lungo un piano di faglia viene generato un terremoto che sappiamo essere descrivibile tramite la somma di un numero congruo di onde monocromatiche ognuna caratterizzata da una propria ampiezza, frequenza, fase e velocità tale da arrivare ad un generico ricevitore in tempi diversi.

Il fenomeno descritto, noto come dispersione delle fasi, comporta che nei mezzi non dispersivi (ossia omogenei) il moto vibratorio arriva ai ricevitori con la medesima forma iniziale; al contrario, nei mezzi dispersivi è possibile identificare una velocità di gruppo (qualora si scelga di caratterizzare il gruppo attraverso l’analisi della massima ampiezza) e una velocità di fase di ogni singola componente, tale che un segnale emesso dalla sorgente arriva distorto al ricevitore. Ovviamente, nei mezzi non dispersivi le due velocità di gruppo e di fase coincidono.

Con tali premesse e concentrandoci per semplicità su una sola componente monocromatica, se la velocità di un mezzo è sempre costante assistiamo allora al paradosso dell’impossibilità che un sisma possa generare una variazione di velocità e conseguenzialmente possa generare un’accelerazione, tanto da negare l’esistenza stessa dei velocigrammi e degli accelerogrammi utilizzati invece nella progettazione di strutture sismoresistenti.

Quale soluzione a tale provocazione?

L’ipotesi è che il sisma generi soltanto uno spostamento variabile nel tempo in funzione delle irregolarità esistenti sul piano di faglia e della geometria di quest’ultima, e che il mezzo (in genere la roccia) trasmetta tale spostamento con velocità costante pur rispettando l’attenuazione del segnale con l’aumentare della distanza dalla sorgente. In pratica, è lo spostamento ad essere propagato con la velocità del mezzo ed è lo stesso che noi trasformiamo, per una convenienza tutta da dimostrare, in velocità ed accelerazione tramite gli appositi sensori; poi, introduciamo l’accelerogramma nei calcoli strutturali ed infine otteniamo i risultati in uscita in spostamenti anche perché rappresentano elementi di più facile percezione e valutazione.

In quest’ultimo caso giova ricordare che l’analisi del comportamento dinamico delle strutture (per i cui dettagli rimando a: Introduzione al metodo degli elementi finiti) può essere semplicisticamente distinta in due tipologie:

  1. analisi del campo degli spostamenti in relazione all’azione di valori imposti inizialmente e supposti variabili nel tempo;

  2. analisi delle frequenze e forme modali di vibrazione.

In definitiva, con atteggiamento provocatorio ma pur sempre costruttivo, il paradosso l’ho voluto introdurre soltanto per stimolare la riflessione su elementi che diamo per scontati; d’altra parte, dei molti paradossi che mi sono posto taluni mi hanno condotto a nuove ipotesi di lavoro sfociate in altrettante teorie.

Comments

Rated 0 out of 5 stars.
No ratings yet

Add a rating
bottom of page