Cortese Romolo, ho notato (per i casi che tratto: plinti superficiali per fabbricati industriali in acciaio) che l'approccio 1 (combinazione 2) rispetto all'approccio 2 è più restrittivo nei confronti della verifica della capacità portante del terreno. Mi aspettavo che l'approccio 2 (avendo un’unica combinazione e quindi più semplice) fosse più cautelativo. Non mi è chiara questa impostazione della normativa. Lei ha qualche informazione a riguardo? Se i conti tornano con l'approccio 2 ma non con l'approccio 1, non mi sento sicuro anche se sarebbe rispettata la normativa. Cordiali saluti Khalil, Padova
Ciao Khalil, innanzitutto posso tranquillizzarti asserendo che tutti i progettisti che conosco tendono a “lavorare” con il solo Approccio 2, stante i contenuti normativi che chiedono che le verifiche siano effettuate ricorrendo ad almeno uno dei due approcci. Sembra il più promettente ….
In verità non esiste un approccio più utile dell’altro o più restrittivo, ma solo il rispetto della disequazione Rd > Ed nella quale la resistenza di progetto (Rd) discende dall’approccio utilizzato per le verifiche di tipo GEO mentre gli effetti delle azioni (Ed) dai calcoli strutturali. In altre parole occorre calcolare la vecchia “portanza della fondazione” (Rd) con i metodi noti in geotecnica e seguendo l’approccio prescelto ed infine confrontarla con la corrispondente azione (esempio resistenza derivata dall’approccio 2 da confrontare con l’azione corrispondente al medesimo approccio). Nel home page ho inserito alcune relazioni tipo per fondazioni superficiali (dal modello geologico a quello geotecnico; relazioni sulle fondazioni) e profonde (relazioni sulle fondazioni su pali) che spiegano tutti i passaggi.
A presto, Romolo DF
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